Alta Fedeltà (i)

Aspetti generali - Audio concepts and general technical topics
Rispondi
Avatar utente
M.Ambrosini
Site Admin
Messaggi: 3558
Iscritto il: ven 9 feb 2018, 7:10
Località: Ravenna
Contatta:

Alta Fedeltà (i)

Messaggio: # 287Messaggio M.Ambrosini
dom 4 mar 2018, 20:35

Inviato: 24 Mar 2015 02:01 pm

Fiumi di parole sono state scritte su questo appellativo inflazionato come pochi altri eppure la confusione che regna sul suo significato è ad oggi notevole...
Gli albori dell’hifi, già nel dopoguerra, prima con registrazioni mono e poi via via con l’avvento della stereofonia, avevano come principale limite l’estensione della banda audio per cui vi fu una notevole propaganda quando l’industria discografica riuscì a superare tale limite (ricordate ad esempio i vecchi LP Decca mono con l'acronimo FFRR che stava appunto per “full frequency range recording”?) con un occhio di riguardo anche al range dinamico inciso. Nacque quindi l'alta fedeltà che acquisì sempre maggiore popolarità tramite la sua abbreviazione “HI-FI”...un appellativo che fu opportunamente regolamentato da alcune norme. Era lontana la “globalizzazione” per cui tali norme erano tutt’altro che univoche e “internazionali”...(del resto anche lo stesso standard di incisione fonografica ebbe molteplici varianti negli anni 50...materia che affronteremo in un prossimo articolo).

Uno standard normativo tra i più popolari che definiva quali apparecchi potessero fregiarsi dell’appellativo “hifi” è stato sicuramente il DIN 45500 che per quanto tutt’altro che “stringente” ha consentito (e lo consentirebbe ancora ai nostri giorni se tale norma fosse applicata a certi apparecchi "eso"...) un’iniziale scrematura tra prodotti “potenzialmente” validi e non. Uno degli aspetti che veniva considerato maggiormente era quello della linearità di risposta che prevedeva nelle elettroniche un’oscillazione massima di + o -1,5 dB nel range di frequenze da 40Hz a 16KHz per apparecchi con toni disinseribili mentre sui diffusori una maschera (che potete osservare qui insieme agli altri aspetti di questa norma)
che prevedeva oscillazioni non maggiori di -+4dB da 100Hz a 4KHz)
Vi erano poi alcuni limiti sulle distorsioni che non potevano superare l’1% nelle elettroniche etc etc.

Tutto ciò era finalizzato a cosa?
Ovvero quando si parla di “alta fedeltà” a cosa ci si riferisce?

Erroneamente tutti pensano alla fedeltà rispetto al suono dal vivo...ma questo non c’entra nulla.
Sul nostro supporto (sia esso un CD un LP un nastro o un file) troveremo incise delle informazioni nel modo in cui “qualcuno” (dicasi “tecnico del suono”) ha ritenuto di metterle...non la realtà sia ben chiaro...solo l’interpretazione migliore che l’occasionale tecnico del suono ha potuto effettuare. Interpretazione che tiene conto delle notevoli diversità dei possibili impianti di riproduzione (dalla radiolina all’impianto hifi) per cui equalizza, comprime, taglia e cuce come meglio ritiene per ottenere un prodotto a suo avviso apprezzabile ai più.
Quindi, torniamo a chiederci, quando si parla di “alta fedeltà” a cosa ci si riferisce?
Ci si riferisce semplicemente alla fedeltà nei confronti delle informazioni incise sul supporto che, ironia della sorte, neppure il tecnico del suono che ha eseguito la registrazione può conoscere con esattezza essendo l’impianto monitor con cui ha “tarato” il master non esente da difetti.
Quindi se NESSUNO sa con esattezza cosa c’è sul disco come possiamo stabilire se un sistema ha maggiore fedeltà di un altro?
Semplicemente nel modo in cui potreste valutare la differenza tra due foto digitali con diversa risoluzione: in quella a risoluzione più bassa oltre a vedere a quadretti perdete molti dettagli dell’immagine e l’espressività della stessa.
Nell’audio capita la stessa cosa: il sistema più trasparente e corretto (ovvero a più alta risoluzione) vi fa ascoltare tante informazioni in più e sono proprio quelle informazioni a non farvi venire il mal di testa a fronte di suoni scarni ed aggressivi che sono invece agli antipodi della trasparenza.
Vi sono quindi due aspetti cruciali per ottenere l’”alta fedeltà” al supporto:
1) Ottenere la massima linearità in ambiente
2) Ottenere la massima trasparenza dal proprio sistema audio.

Sul secondo aspetto l’implementazione CCI sulle elettroniche fa di gran lunga la parte principale (se non l’unica in caso di tassi di distorsione inferiori all’1%), sul primo aspetto invece vi possono essere due approcci filosofici diversi:
1) cercare il diffusore che meglio si adatta come risposta in frequenza al proprio ambiente e che quindi non necessita di equalizzazioni
2) cercare di installare il diffusore che già si possiede adattandolo all’ambiente con l’aiuto di equalizzatori o controlli di tono.

Vediamo di comprendere pro e contro di entrambi gli approcci.
Nel primo caso occorre sicuramente impazzire un poco nel trovare quale diffusore si adatta al meglio (in gamma bassa soprattutto) al proprio ambiente, per fare questo può essere d'aiuto il metodo di installazione posto sul mio sito (qui ) che permette anche di trovare le distanze a cui porre il diffusore medesimo con buona approssimazione. Una volta scelto ed installato il diffusore (curando un minimo l’acustica ambientale per poterlo fare esprimere al meglio) non si ha però la necessità di apportare correzioni con toni o equalizzazioni che appunto in tal caso allontanerebbero dalla condizione di massima linearità in ambiente, per cui si ha al contempo la massima libertà di confrontare ad armi pari (cioè in condizioni di linearità) elettroniche diverse al fine di scegliere quella più libera ovvero trasparente.
Nel secondo caso invece difficilmente i toni trovano una fedele compensazione della carenza in gamma bassa che ha un diffusore piccolo collocato in un grande ambiente (o viceversa) , avremo sempre una compensazione approssimativa che non comporterà una linearità adeguata e sarà diversa in funzione del controllo toni utilizzato. Discorso diverso se si dispone di un equalizzatore parametrico multi banda in cui (se si dispone anche di un sistema di rilievo della risposta in frequenza in ambiente...) si può arrivare a compensare la carenza (o l'abbondanza) della gamma bassa in modo adeguato dal punto di vista della linearità...ma nient’affatto adeguato dal punto di vista dinamico: se supponiamo di avere un wf da 13 cm che si trovi a sonorizzare un salone molto ampio, dovendo per giunta subire un’esaltazione di svariati dB dell’estremo inferiore, raggiungeremo picchi di escursione che vanno ben oltre il range ottimale del wf medesimo e...se si alza un po’ troppo il volume rischieremo anche di romperlo!

La seconda soluzione, all’apparenza più semplice, risulta quindi molto più complessa per risultare equilibrata e comporta inconvenienti dinamici non lievi oltre all’utilizzo di un equalizzatore che comporta una perdita inevitabile sotto il profilo trasparenza.
C’è poi chi in barba al buon senso effettua compensazioni in frequenza utilizzando il loudness che ovviamente non ha questo scopo e i risultati li abbiamo sentiti nell’occasione di un non lontano meeting...
Vorrei, divagando dal contesto, spendere due parole a proposito di questo termine (il loudness appunto) che non è incluso nelle norme DIN, ne in altre norme in quanto esula totalmente dal concetto di fedeltà al supporto. Anche su questo termine la confusione è immensa e purtroppo il fatto che in rete a parlarne siano spesso persone che hanno poca affinità con la tecnica e la logica non fa che aggravare la cosa. Il loudness nasce come volontà di ottenere un suono maggiormente dettagliato a bassi volumi di ascolto. L’orecchio umano ha infatti una PERCEZIONE agli estremi che diminuisce in modo sensibile al diminuire del livello di ascolto rispetto al centro banda. Ciò significa (estremizzando la cosa) che se al centro banda siete con un volume al limite della soglia di udibilità gli estremi banda non li sentireste. Per tali ragioni “al limite” è nata tale compensazione ovvero un artifizio per rendere udibile ciò che IN NATURA a quel livello di ascolto non udireste.
A qualcuno questo modo pompato di ascoltare piace in modo irrinunciabile e beninteso a ciascuno il suo, ma occorre comunque chiamare correttamente le cose per ciò che sono: il loudness è un artifizio che non ha NULLA a che fare con la naturale percezione dell’orecchio di un suono che sia in natura di basso livello.
Se sento un contrabbasso (non amplificato) suonare in uno spazio libero a 20m da me non sento la gamma bassa...potrà anche dispiacermi ma è quella la condizione reale di tale ascolto...il mio orecchio lo sa ed è abituato a tale ascolto.
La risposta in frequenza del proprio orecchio non c’entra NULLA con tale abitudine di percezione. Se ad esempio una persona ha 20 dB di attenuazione a 10KHz dalla nascita lui sentirà tutti i suoni con le frequenze alte attenuate ma PER LUI non saranno affatto “attenuate” ma sarà il suo normale modo di sentire...sentirà così anche quando andrà a concerto e se qualcuno gli farà riascoltare quel concerto riprodotto con gli alti esaltati di 20 dB (perché così “si compensa l’attenuazione del suo orecchio”) lui percepirà di fatto un’esaltazione di 20dB che gli risulterà totalmente sgradevole e irreale.

In conclusione...che abbiate o meno deficit di udito o che ascoltiate a volume alto o basso...l’unica condizione di ascolto in grado di riproporvi la fedeltà al supporto a parità di livello di ascolto è quella di massima linearità in ambiente.
2+2 fa sempre 4...a volte se non si è bravi in matematica può sembrare faccia tre o cinque ma non dipende dalla formula ma da chi la esegue.

_________________
Massimo

Rispondi