Classe' DR3: il gigante con i piedi di argilla.

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M.Ambrosini
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Classe' DR3: il gigante con i piedi di argilla.

Messaggio: # 5850Messaggio M.Ambrosini
mer 23 gen 2019, 19:44

In passato per casa mia sono passati sia il DR3B che il DR3VHC (che abbiamo ascoltato anche in occasione di un meeting ravennate) ma non ho mai avuto il DR3. Approfittando dell’occasione di un esemplare che aveva ancora l’imballo originale e pensando di tenerlo in collezione, ho deciso per l’acquisto.
Al di la della fama che questo amplificatore si è creato, certo non esente da meriti effettivi, è opportuno smontare alcune “bufale storiche” che sembra abbiano resistito al passare degli anni.
Non c’è occasione migliore per un costruttore (o per un distributore) di dire che i problemi del modello precedente “sono stati risolti col nuovo modello”.
Ricordo quando alla presentazione delle DQ10 improved (ovvero la versione speculare delle dq10) l’importatore disse che era stato completamente rivisto il crossover…mentre in realtà era esattamente identico.
Analogamente è una bufala costruita ad hoc quella per cui nel DR3B avrebbero risolto alcuni problemi di affidabilità del DR3.
DR2, DR3, DR3B sono esattamente identici dal punto di vista circuitale…e tutti (incluso il VHC) hanno problemi analoghi di affidabilità, la cui motivazione vedremo a seguito. Pubblico foto in cui si evidenziano le differenze tra i vari modelli. Mentre il DR3 è la versione “esoterizzata” del DR2 (come mi sembra evidente dalle immagini sotto riportate), il DR3B invece entrò in produzione in concomitanza al VHC e per semplificare la catena di montaggio venne utilizzato sul DR3B lo stesso pcb (le piastre su cui sono montati i componenti) del VHC. E’ evidente lo spazio libero per le resistenze di potenza che sul VHC sono 8 per canale mentre sul 3B sono 4 per canale. Esclusivamente questa, oltre allo sdoppiamento dei pin RCA di ingresso (era di moda il bi-amping all’epoca) è la differenza tra il 3 ed il 3B. Dall'alto in basso avete DR2, DR3 (foto del mio), DR3B
(continua)
dr2-2.jpg
Immagine
dr3bint.jpg
Massimo

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Re: Classe' DR3: il gigante con i piedi di argilla.

Messaggio: # 5854Messaggio M.Ambrosini
mer 23 gen 2019, 20:20

Screenshot_60.jpg
Schema originale del DR3 VHC, identico al DR3 ad eccezione della presenza di quattro coppie di finali anzichè due coppie ed alcuni altri dettagli sempre legati alla maggior potenza.
Massimo

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M.Ambrosini
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Re: Classe' DR3: il gigante con i piedi di argilla.

Messaggio: # 5855Messaggio M.Ambrosini
mer 23 gen 2019, 20:28

dr3vhc.jpg
Questo è invece lo schema sempre del DR3 VHC ridisegnato da un connazionale...notate nulla di differenza?
Massimo

grunf
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Re: Classe' DR3: il gigante con i piedi di argilla.

Messaggio: # 5856Messaggio grunf
mer 23 gen 2019, 21:22

Fusibili?
Il Cancro

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Re: Classe' DR3: il gigante con i piedi di argilla.

Messaggio: # 5857Messaggio M.Ambrosini
mer 23 gen 2019, 21:26

No...ti do un'indizio: quale motivo potrebbe avere un costruttore per cancellare le sigle dei transistor finali nominandoli genericamente N e P ? Non mi rispondere con la risposta più ovvia...qui saresti fuori strada. Guarda i due schemi...
Massimo

grunf
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Re: Classe' DR3: il gigante con i piedi di argilla.

Messaggio: # 5858Messaggio grunf
mer 23 gen 2019, 21:51

Forse i transistor venivano selezionati in fabbrica e per le riparazioni non andavano invertite le posizioni upper e lower per motivi di dissipazione?
Il Cancro

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Re: Classe' DR3: il gigante con i piedi di argilla.

Messaggio: # 5860Messaggio M.Ambrosini
mer 23 gen 2019, 22:18

grunf ha scritto:
mer 23 gen 2019, 21:51
Forse i transistor venivano selezionati in fabbrica e per le riparazioni non andavano invertite le posizioni upper e lower per motivi di dissipazione?
Ti stai avvicinando ma non stai notando l'aspetto pacchiano della vicenda (evidente solo in uno dei due schemi)...ora vado a nanna, domani ne scrivo.
Massimo

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Re: Classe' DR3: il gigante con i piedi di argilla.

Messaggio: # 5864Messaggio M.Ambrosini
gio 24 gen 2019, 8:18

Veniamo ora ai fatti che determinano concretamente i problemi di affidabilità congeniti.

Possono esserci un paio di motivazioni che rendono auspicabile o addirittura necessaria la cancellazione delle sigle dei transistor finali:
1) il progettista ritiene che il particolare dispositivo abbia caratteristiche sonore particolari per cui lo vuole mantenere “segreto” (anch’io in passato sono caduto in questa “malattia”: sia i miei mono che l’MA200 avevano le sigle cancellate dei finali…ora pensandoci mi viene da ridere).
2) si vuole non rendere nota una scelta progettuale molto criticabile, nella consapevolezza che se venisse divulgata comporterebbe (nella migliore delle ipotesi) molto meno “appeal” nelle vendite.

Lo schema evidenzia uno stadio differenziale cascode di ingresso e un VAS simmetrico pure lui cascode, due stadi impiegati in modo classico senza alcuna particolare variante e che sono impiegati in altri ennemila schemi. Dove il DR3 è unico (nel senso che NESSUN altro schema di mia conoscenza adotta una soluzione simile) è sullo stadio finale. Mi si dirà, guardando lo schema correttamente disegnato, che si tratta di normalissimi darlington ovvero l’amplificatore in corrente più frequentemente utilizzato negli stadi finali a transistor di mezzo mondo…si ma…qui ci sono darlington IN PARALLELO!
E questa soluzione comporta intrinsecamente delle problematiche immense a livello di bilanciamento del carico tra i vari dispositivi a fronte dell’enorme variazione di beta (coefficiente statico di guadagno in corrente) che i dispositivi in connessione darlington hanno. Un conto è pilotare un numero n di transistor finali partendo dal MEDESIMO transistor pilota (la soluzione che è normalmente applicata nei finali di potenza), tutt’altro conto è utilizzare pure differenti transistor pilota (che pure presentano le loro differenze di beta). Facciamo un esempio per rendere chiaro il problema. Supponiamo, per semplicità di calcolo, che sia il pilota che il finale abbiano un beta di 100, abbiamo un guadagno in corrente del dispositivo darlington di 100 x 100 =10000. Ora supponiamo una variazione del beta tra diversi dispositivi di circa il 10% (cosa già restrittiva, che avviene solo dopo una minima selezione) ciò porta ad esempio ad un guadagno di 110 x 110 = 12100 !!!
Cominciate a capire il problema? Se invece il pilota fosse comune ai vari finali la differenza di guadagno che comporta sbilanciamento di carico tra i vari dispositivi finali a fronte del 10% di variazione sarebbe comunque solo di 10, la variazione del beta dei soli finali. Questo esempio è molto più realistico di quanto si immagini considerando che nell’ambito del medesimo wafer di silicio il drogaggio da semiconduttore è molto simile tra pilota e finale, ciò significa che se il finale ha un beta un poco più alto della media (o un poco più basso) anche il pilota seguirà lo stesso identico destino. Abbinare dispositivi darlington in parallelo OBBLIGA ad una selezione semplicemente PAZZESCA per riuscire ad abbinarne di simili in modo sufficiente per evitare guasti.
Dando per scontato che il progettista di questo ampli non fosse uno sprovveduto, la cosa che occorre chiedersi a questo punto è: cosa ha spinto questo designer ad utilizzare una configurazione dello stadio finale che porta a probabili quanto inevitabili problemi di affidabilità?
E questa è indubbiamente una bella domanda!
(continua)
Massimo

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Re: Classe' DR3: il gigante con i piedi di argilla.

Messaggio: # 5881Messaggio M.Ambrosini
gio 24 gen 2019, 20:23

Tornando alla domanda di cui sopra, evidentemente si pensava di trarre un grande beneficio sonoro se si era disposti ad accettare i suddetti inconvenienti.
L’impiego di darlington (non in parallelo ma singoli) realizzati nel medesimo contenitore era piuttosto comune in Grundig, li trovate nel V7200,V7500, nei receiver serie larga, nel V35, nell’RPC500 e 600, SV2000 etc etc ma trovate anche l’impiego di darlington realizzati con piloti e finali in contenitori separati, ad esempio sul V7000. V20, V30, SV1200 etc, etc. Tutti i Grundig che utilizzano uno stadio finale con connessione darlington (integrata o meno) hanno però in comune la polarizzazione dei piloti con la semplice resistenza base-emettitore posta sui finali, soluzione che da ottimi benefici sul suono (e sulla distorsione misurabile ad anello aperto soprattutto). Su tutti i darlington integrati di mia conoscenza sono infatti pure integrate le resistenze base-emettitore di entrambi i transistor che hanno la doppia funzione di polarizzazione e di linearizzazione del comportamento di tali dispositivi.
Quando si sale di potenza, in Grundig si opta per la soluzione con singolo transistor pilota e due finali per ramo, ma sempre con resistenze base-emettitore sui finali (vedi A5000 ad esempio).

Quindi la soluzione integrata in unico contenitore comporta qualche vantaggio prestazionale?
Me ne viene in mente solo uno che però, personalmente, ritengo ben poco rilevante. Con contenitori separati e quello stesso tipo di polarizzazione utilizzata sul DR3 (ovvero in classe A), la temperatura dei finali a regime sarebbe decisamente più alta di quella dei piloti. Se realizzati nel medesimo contenitore, la temperatura del pilota verrebbe invece “innalzata” per trasmissione termica diretta da quella del finale, per cui si innalzerebbe di conseguenza anche il beta del pilota diminuendo l’assorbimento di corrente in base (a parità di corrente erogata verso i finali) e quindi diminuendo il carico che viene a gravare sul VAS (secondo stadio, amplificatore in tensione). Questo, ad anello aperto, potrebbe comportare una differenza di distorsione misurabile ma ad anello chiuso le differenze sono irrisorie.
Altra considerazione che va fatta a mio avviso: con un montaggio come quello del DR3, la possibilità di poter integrare ben quattro componenti in un singolo componente semplifica non poco il layout…considerato 4 darlington integrati per canale ciò significa il risparmio di spazio per ben 12 componenti per canale (quindi su ciascuna scheda) e per i dissipatori di cui sarebbe stato necessario dotare i piloti.
In questo progetto si era un poco sottovalutato il problema affidabilità, ma forse anche al fine di ottenere quel montaggio esteticamente “pulito” e ordinato che è passato alla storia come un esempio.
Altra possibilità (poi le ho finite…) è che fosse stata ritenuta superiore la scelta del darlington integrato all’ascolto magari confrontandolo con un darlington a componenti separati ma con polarizzazione dei piloti classica …e si fosse preferita la prima soluzione non ritenendo importante la differenza di polarizzazione dei piloti...
Ovviamente possiamo solo limitarci a supposizioni.
Massimo

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M.Ambrosini
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Re: Classe' DR3: il gigante con i piedi di argilla.

Messaggio: # 5924Messaggio M.Ambrosini
sab 26 gen 2019, 13:58

ATTENZIONE allo schema che ho riportato sopra ricavato dal nostro connazionale: al di la della corretta rappresentazione dei transistor finali (appunto darlington), riporta però svariate altre imprecisioni, prima fra tutte la taratura del bias che parte dell'errata rappresentazione di 4 resistenze in parellelo per ramo (sull'alimentazione) da 0,4 Ohm quando invece sul VHC ce ne sono due per ramo e sul DR3 (o 3B) ce n'è solo una. Per la taratura (e altro...) occorre guardare lo schema originale (pure sopra riportato) e le indicazioni del manuale di servizio in cui viene indicato un valore di tensione misurato ai capi di questa resistenza di 0,4 ohm pari a 0,8V. Ciò significa una polarizzazione di 2A sul DR3 e di 4A sul DR3 VHC.
Con tale corrente il DR3 eroga in pura classe A su un carico di 8 Ohm la potenza massima di 2x2x8=32W di picco che diventano 16W RMS. La potenza massima erogabile è invece ben superore ai 25W RMS dichiarati.
Sconsiglio vivamente di alzare la polarizzazione oltre quanto previsto dal manuale di servizio...
Osservando lo schema con maggiore attenzione noto inolltre che il secondo stadio NON è (come parrebbe a prima vista dalla topologia) un cascode ma i due transistor che si occupano dello swing di tensione e che (in un cascode) dovrebbero essere connessi a base comune (ovvero con base dinamicamente a massa) in realtà non lo sono affatto. In tal modo tali dispositivi riducono drasticamente la loro banda passante, una scelta che forse è stata fatta per evitare capacità di compensazione in quanto difatto la capacità parassita (Cbe) fa già in tal caso da polo dominante nell'amplificatore.
Stamani, tarando la polarizzazione dello stadio finale mi sono accorto che...non ci sono i termistori! Manca proprio la predisposizione.
Possibiie? Sui dissipatori non c'è traccia dei termistori. Un classe A senza protezioni per sovratemperature e senza termistori di compesazione di temperatura beh...in giornate estive non oso immaginare che succede.
Eppure lo schema originale (l'unico originale reperibile in rete, che però è del VHC e 3B) lo riporta. Boh...questo è un bel mistero,
Massimo

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Gianfranco
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Re: Classe' DR3: il gigante con i piedi di argilla.

Messaggio: # 5949Messaggio Gianfranco
lun 28 gen 2019, 9:17

Al di là delle considerazioni tecniche e soniche posso solo dire che è brutto come la morte. :D
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Re: Classe' DR3: il gigante con i piedi di argilla.

Messaggio: # 5950Messaggio myfisite
lun 28 gen 2019, 9:41

In effetti non si può certo definire un oggetto etereo e discreto. Ma era uno stile piuttosto comune in quegli anni.
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Re: Classe' DR3: il gigante con i piedi di argilla.

Messaggio: # 5968Messaggio M.Ambrosini
lun 28 gen 2019, 17:00

myfisite ha scritto:
lun 28 gen 2019, 9:41
In effetti non si può certo definire un oggetto etereo e discreto. Ma era uno stile piuttosto comune in quegli anni.
Comunque...2000 foto in rete delle varie versioni di questo ampli di cui 1000 prese da sotto ma MANCO UNA fatta senza le due placchette che sono sopra ai dissipatori: vorrei poter osservare le due piastrine dove sono montati gli zoccoli dei finali per vedere se sulla versione B o VHC fossero impiegati (nei fatti e non solo nello schema) i termistori...
Massimo

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Re: Classe' DR3: il gigante con i piedi di argilla.

Messaggio: # 6469Messaggio M.Ambrosini
gio 21 feb 2019, 22:27

dr3b.jpg
Riprendo l'argomento perchè qualche giorno fa, cercando altro, mi sono imbattuto nello schema del DR3B che avevo ricavato da un esemplare ritirato in gioventù. Bene nello schema avevo riportato l'NTC !
A distanza di una trentina d'anni non ricordo assolutamente in quale punto fosse (la logica farebbe supporre sulle schedine dei finali a contatto con i dissipatori). Comunque se l'ho disegnato (in un'epoca in cui la rete dovevano ancora inventarla ed era più facile trovare la piantina di Atlantide che lo schema di un Classè DR3B...) significa che c'era!
Ora...dal momento che sul DR3 manca proprio la predisposizione per gli NTC ciò conduce alla considerazione che la prima versione (e così probabilmente l'antesignano DR2) non fossero compensati termicamente.
Se così fosse avremmo due regimi termici drasticamente diversi tra DR3 e DR3B. Il primo impiegherà più tempo a scaldare ma...la taratura della corrente di riposo è bene farla a regime durante le giornate estive più calde per evitare quell'effetto valanga classico dei transistor che porterebbe a cuocere i Darlington.
Il secondo invece (compensato termicamente) avrà il suo massimo assorbimento di corrente a freddo per cui nessun problema nel caso di giornate afose ma occorre evitare (se non si vogliono cercare rogne) l'accensione in stanze non riscaldate in pieno inverno...la polarizzazione può arrivare a più del doppio di quanto previsto superando la SOA dei Darlington e...tanti auguri!
Massimo

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