Io canto

L'editoriale mensile
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myfisite
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Io canto

Messaggio: # 7167Messaggio myfisite
ven 19 apr 2019, 9:01

Questo editoriale vuole essere l'occasione per una breve riflessione dedicata a questo periodo dell'anno. Credo che l'amore per la musica ci renda particolarmente sensibili anche ad altre forme armoniche che rinascono in particolare a primavera. Forse la maggior parte di noi vive in grigie città inseguendo gli orari di lavoro ma, rallentando un istante, ci si può sorprendere a guardare quei fiori che si sono aperti da poco e fanno l'occhiolino dal cespuglio o quella pianta anonima mutata, chissà quando, in una ridente macchia viola. La persona affascinata dalla ricchezza della musica è naturalmente portata a cercare la bellezza intorno a sé e la Pasqua simboleggia anche il risveglio di un mondo che talvolta diviene di una dolcezza struggente. In queste mattine gli uccelli fanno a gara con melodie puntute e altalenanti sulle piante di fronte a casa e i merli si inseguono fin sotto i rami più bassi. Educare i nostri sensi a riscoprire le piccole cose è anche un modo per poi tornare alla vita di tutti i giorni con un senso intimo di riconoscenza. Verrebbe quasi voglia di cantare. Cantare, certo, ma subito si abbassano gli occhi, un pensiero dice che non si può, qualcosa si è smarrito. Una volta la gente comune, intonata o meno, canticchiava tra sé, fischiettava in bicicletta, improvvisava cori in osteria ed era normale vedere spuntare una fisarmonica al ristorante. "Oggi non c’è chi canti" questo il commento disperato di Franco Fochi in un testo intitolato La morte del canto:

"Mi dolgo invece del trovarmi davanti, per quest’argomento, una cerchia di lettori fatalmente ristretta: fatta di almeno (e ripeto almeno) cinquantenni, cioè tali da potersi ricordare di quando il canto era una cosa viva e di tutti."

E prosegue:

"Se infatti risaliamo i secoli e i millenni, non troviamo né un momento né un popolo in cui la gente non abbia sentito la necessità (dico la necessità) di cantare. Un tale fatto — nuovo, assurdo, innaturale l’abbiamo tra noi oggi, avvenuto quasi di colpo. E quel bisogno represso non è ultimo a spiegare (in un rapporto di causa-effetto poco districabile) la nevrosi che sempre più ci affligge. Si usava dire: Canta, che ti passa. Nella sua apparenza scherzosa questa massima popolare — nata tra i fanti della prima guerra mondiale; graffita sulla parete d’una dolina carsica, secondo Piero Jahier, Canti di soldati, 1918 — valeva, al dire di Alfredo Panzini, un trattato di filosofia. E certamente era una medicina di provata efficacia: pare che non la vendano più."

https://www.ilcovile.it/scritti/COVILE_ ... _canto.pdf

Buona Pasqua e buon canto a tutti.
Marco A.

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