Fase acustica
Inviato: dom 20 mag 2018, 21:36
Approfitto della convalescenza dovuta all’intervento al menisco per scrivere qualcosa su uno dei temi più spinosi e controversi della letteratura audio: la fase acustica.
Per evitare interventi fuori tema da parte di chi capisce fischi per fiaschi: non si parlerà a seguito dell’influenza della fase assoluta con cui si collega un sistema di altoparlanti (ovvero se collegate il positivo dell’ampli con il positivo o il negativo dei vostri diffusori) e men che meno della fase della rete 220V!!
Quanto a seguito è sicuramente più un discorso per appassionati “navigati” che per appassionati di “primo pelo” . Pur cercando di trattare l’argomento nel modo il più possibile comprensibile a tutti, non si può spiegare una cosa complicata partendo proprio da zero.
Il problema relativo all’udibilità della fase acustica e uno degli aspetti che maggiormente trova scuole di pensiero diverse.
Un sistema di riproduzione introduce delle distorsioni di fase, non solo sul sistema di altoparlanti impiegato ma anche a livello degli altri componenti della catena, salvo che questi non abbiano una banda passante estremamente estesa (dai 2 ai 200KHz almeno) . Essendo sia le sorgenti analogiche che ascoltiamo che (ancor più ) quelle digitali fortemente limitate in banda (poco più della banda audio) occorre tener presente che qualunque segnale di origine che utilizziamo sui nostri sistemi audio è già affetto da distorsione di fase, magari anche solo minimamente ma lo è.
Partendo da questa consapevolezza ci sono almeno tre scuole di pensiero riguardanti la correttezza in fase nei diffusori acustici:
1) C'è chi è convinto che solo un perfetto allineamento temporale delle emissioni consenta di ricreare una adeguata coerenza e prospettiva nella riproduzione. A sostegno di tale convincimento si portano ad esempio le qualità dei sistemi planari che sono (in gran parte) corretti in fase.
2) C'è chi attribuisce maggior importanza all'interferenza tra i trasduttori all’incrocio e quindi cura la coerenza di fase all’incrocio dei filtri partitori.
3) C'è chi ritiene che sia solo il bilancio energetico ad avere importanza e quindi, a prescindere dai tempi di arrivo dei singoli altoparlanti, conti solo ed esclusivamente la linearità della risposta in frequenza.
Essendo l’apparato uditivo sensibile a fattori che magari strumentalmente sono di difficile rilievo e, per contro, non sensibile (o meno sensibile) ad altri fattori che si rilevano strumentalmente con facilità, occorre di conseguenza effettuare verifiche all’ascolto per valutare le possibili correlazioni esistenti tra misure e ascolto.
Questa convinzione accomuna molti ricercatori ma, come frequentemente capita, talvolta la differenza tra le varie scuole di pensiero è frutto di esperienze diverse che vanno a sommarsi in modo più o meno critico con i propri convincimenti pregressi.
L’ABC di chi vuole fare effettiva ricerca si basa su due colonne portanti fondamentali:
- Fare prove…tante prove verificando il maggior numero di variabili ed in modo ripetibile.
- Dimenticare i propri pregressi convincimenti: altrimenti non si fa ricerca ma si fa tifo.
Un sistema di altoparlanti trasduce un segnale elettrico in un segnale acustico e quindi si passa da un sistema in cui i tempi di propagazione sono al livello di nanosecondi ad un sistema in cui la propagazione del suono in aria viaggia a 344m/sec (circa a 20°C) e quindi per compiere i 3 m che mediamente separano un sistema di altoparlanti da un ascoltatore servono 3/344= 8,7ms. Supponiamo ora di avere un segnale a 20Hz ed uno a 20KHz, il primo avrà lunghezza d’onda in aria di 17m mentre il secondo di 1,7cm. Ciò significa che all’arrivo dopo i nostri canonici 3m, il segnale a 20Hz avrà un ritardo di appena 63° rispetto alla sorgente che lo ha emesso mentre il nostro segnale a 20KHz avrà compiuto prima di arrivare ben 176 cicli completi che corrispondono ad un ritardo di fase acustica di ben 63360°. Ciò ci rende evidente che a parità di tempo di ritardo il ritardo di fase aumenta in modo direttamente proporzionale con la frequenza dal momento in cui un suono viene propagato. E' però intuitivo che un puro ritardo (se è costante, supponendo di prendere in esame la sola onda diretta) non può alterare in alcun modo la qualità del segnale percepito: ciò che ascoltiamo dal vivo è comunque affetto da un ritardo di propagazione.
E’ fondamentale però, se vogliamo ricostruire il segnale originario, che tutte le componenti di tale segnale giungano contemporaneamente ovvero si abbia lo stesso ritardo di propagazione. Parlare quindi di fase corretta in funzione della frequenza senza prima sottrarre il tempo di propagazione in aria (il cosiddetto tempo di “volo”) sarebbe cosa priva di senso ed infatti tutte le risposte in fase che verranno prese in esame a seguito sono inevitabilmente tracciate sottraendo il tempo di volo.
Senza voler affrontare qui un argomento complesso come la teoria dei segnali (per chi vuole approfondire trova ricca letteratura disponibile in rete sulla trasformata di Fourier e sulla trasformata di Hilbert) ci basta ricordare in questa sede che risposta in frequenza, risposta in fase e risposta all’impulso sono tre misure tra loro “intimamente” legate al punto che se due di queste sono corrette la terza DEVE essere corretta. Un impulso ideale corrisponde infatti ad una risposta in frequenza perfetta di banda infinita e con fase perfettamente lineare.
Un sistema è detto a “fase minima” quando la sua risposta in fase segue molto similmente l’andamento della sua risposta in frequenza (definizione non ortodossa ma che rende bene l’idea). Questo accade normalmente misurando un singolo altoparlante mentre accade molto raramente analizzando un sistema di altoparlanti. La fase varia a fronte di diversi fattori:
1) Intervento dei filtri ripartitori
2) Ritardo associato alle limitazioni di banda del trasduttore
3) Differenze sull’allineamento dei centri di emissione dei singoli altoparlanti (nel senso della profondità ovviamente)
4) Fenomeni di diffrazione
Questi fattori sono tra loro interagenti per, cui ad esempio, il semplice allineamento dei centri di emissione di un sistema multivia inizialmente progettato per ottenere linearità di risposta in frequenza in asse con montaggio convenzionale, comporterà un inevitabile peggioramento della risposta in frequenza fermo restando il filtraggio. Per cui è sempre difficile stabilire se le differenze che si ascoltano possano dipendere dal parametro “fase” o magari da una più o meno marcata differenza sui livelli a certe frequenze o ancora da qualche riflessione/diffrazione sugli “scalini” che si vengono a creare a fronte del montaggio con centri di emissione allineati. Queste varianti “extra” sono quelle che hanno sempre complicato la verifica della udibilità “certa” della fase acustica.
Già negli anni 60 uno studio effettuato in merito all’udibilità della fase stabiliva che l’orecchio era molto più sensibile ad errori di fase a frequenza medioalta mentre era molto più tollerante ad errori di fase a bassa frequenza. In seguito altre ricerche hanno dimostrato che l’udibilità di questo parametro è in correlazione con i tempi di riverbero ambientale in gamma medioalta: minore è il riverbero maggiore è la sensibilità dell’orecchio a questo fattore.
In questa sede penso sia interessante affrontare l’argomento “fase acustica” partendo (in coesione con lo spirito del forum) dall’analisi di fatti concreti ovvero mettendo in correlazione, per quanto sia possibile, le misure di risposta in fase e in frequenza con le impressioni di ascolto.
Riporterò quindi alcune misure di fase pubblicate a suo tempo su riviste italiane, altre misure di risposta all’impulso tratte da un vecchio documento ed ancora altre misure di fase da me effettuate che saranno pubblicate sul blog a beneficio dei soli iscritti.
Non partiremo quindi dalle misure per determinare il “migliore” ma partiremo dalle impressioni che questi diffusori ci hanno lasciato all’ascolto per comprendere quanta influenza può avere la risposta in fase su tale aspetto.
Alla fine vi dirò le mie personali conclusioni che potranno essere anche diverse dalle vostre (comunque pienamente rispettabili) in base alle rispettive impressioni di ascolto.
Per evitare interventi fuori tema da parte di chi capisce fischi per fiaschi: non si parlerà a seguito dell’influenza della fase assoluta con cui si collega un sistema di altoparlanti (ovvero se collegate il positivo dell’ampli con il positivo o il negativo dei vostri diffusori) e men che meno della fase della rete 220V!!
Quanto a seguito è sicuramente più un discorso per appassionati “navigati” che per appassionati di “primo pelo” . Pur cercando di trattare l’argomento nel modo il più possibile comprensibile a tutti, non si può spiegare una cosa complicata partendo proprio da zero.
Il problema relativo all’udibilità della fase acustica e uno degli aspetti che maggiormente trova scuole di pensiero diverse.
Un sistema di riproduzione introduce delle distorsioni di fase, non solo sul sistema di altoparlanti impiegato ma anche a livello degli altri componenti della catena, salvo che questi non abbiano una banda passante estremamente estesa (dai 2 ai 200KHz almeno) . Essendo sia le sorgenti analogiche che ascoltiamo che (ancor più ) quelle digitali fortemente limitate in banda (poco più della banda audio) occorre tener presente che qualunque segnale di origine che utilizziamo sui nostri sistemi audio è già affetto da distorsione di fase, magari anche solo minimamente ma lo è.
Partendo da questa consapevolezza ci sono almeno tre scuole di pensiero riguardanti la correttezza in fase nei diffusori acustici:
1) C'è chi è convinto che solo un perfetto allineamento temporale delle emissioni consenta di ricreare una adeguata coerenza e prospettiva nella riproduzione. A sostegno di tale convincimento si portano ad esempio le qualità dei sistemi planari che sono (in gran parte) corretti in fase.
2) C'è chi attribuisce maggior importanza all'interferenza tra i trasduttori all’incrocio e quindi cura la coerenza di fase all’incrocio dei filtri partitori.
3) C'è chi ritiene che sia solo il bilancio energetico ad avere importanza e quindi, a prescindere dai tempi di arrivo dei singoli altoparlanti, conti solo ed esclusivamente la linearità della risposta in frequenza.
Essendo l’apparato uditivo sensibile a fattori che magari strumentalmente sono di difficile rilievo e, per contro, non sensibile (o meno sensibile) ad altri fattori che si rilevano strumentalmente con facilità, occorre di conseguenza effettuare verifiche all’ascolto per valutare le possibili correlazioni esistenti tra misure e ascolto.
Questa convinzione accomuna molti ricercatori ma, come frequentemente capita, talvolta la differenza tra le varie scuole di pensiero è frutto di esperienze diverse che vanno a sommarsi in modo più o meno critico con i propri convincimenti pregressi.
L’ABC di chi vuole fare effettiva ricerca si basa su due colonne portanti fondamentali:
- Fare prove…tante prove verificando il maggior numero di variabili ed in modo ripetibile.
- Dimenticare i propri pregressi convincimenti: altrimenti non si fa ricerca ma si fa tifo.
Un sistema di altoparlanti trasduce un segnale elettrico in un segnale acustico e quindi si passa da un sistema in cui i tempi di propagazione sono al livello di nanosecondi ad un sistema in cui la propagazione del suono in aria viaggia a 344m/sec (circa a 20°C) e quindi per compiere i 3 m che mediamente separano un sistema di altoparlanti da un ascoltatore servono 3/344= 8,7ms. Supponiamo ora di avere un segnale a 20Hz ed uno a 20KHz, il primo avrà lunghezza d’onda in aria di 17m mentre il secondo di 1,7cm. Ciò significa che all’arrivo dopo i nostri canonici 3m, il segnale a 20Hz avrà un ritardo di appena 63° rispetto alla sorgente che lo ha emesso mentre il nostro segnale a 20KHz avrà compiuto prima di arrivare ben 176 cicli completi che corrispondono ad un ritardo di fase acustica di ben 63360°. Ciò ci rende evidente che a parità di tempo di ritardo il ritardo di fase aumenta in modo direttamente proporzionale con la frequenza dal momento in cui un suono viene propagato. E' però intuitivo che un puro ritardo (se è costante, supponendo di prendere in esame la sola onda diretta) non può alterare in alcun modo la qualità del segnale percepito: ciò che ascoltiamo dal vivo è comunque affetto da un ritardo di propagazione.
E’ fondamentale però, se vogliamo ricostruire il segnale originario, che tutte le componenti di tale segnale giungano contemporaneamente ovvero si abbia lo stesso ritardo di propagazione. Parlare quindi di fase corretta in funzione della frequenza senza prima sottrarre il tempo di propagazione in aria (il cosiddetto tempo di “volo”) sarebbe cosa priva di senso ed infatti tutte le risposte in fase che verranno prese in esame a seguito sono inevitabilmente tracciate sottraendo il tempo di volo.
Senza voler affrontare qui un argomento complesso come la teoria dei segnali (per chi vuole approfondire trova ricca letteratura disponibile in rete sulla trasformata di Fourier e sulla trasformata di Hilbert) ci basta ricordare in questa sede che risposta in frequenza, risposta in fase e risposta all’impulso sono tre misure tra loro “intimamente” legate al punto che se due di queste sono corrette la terza DEVE essere corretta. Un impulso ideale corrisponde infatti ad una risposta in frequenza perfetta di banda infinita e con fase perfettamente lineare.
Un sistema è detto a “fase minima” quando la sua risposta in fase segue molto similmente l’andamento della sua risposta in frequenza (definizione non ortodossa ma che rende bene l’idea). Questo accade normalmente misurando un singolo altoparlante mentre accade molto raramente analizzando un sistema di altoparlanti. La fase varia a fronte di diversi fattori:
1) Intervento dei filtri ripartitori
2) Ritardo associato alle limitazioni di banda del trasduttore
3) Differenze sull’allineamento dei centri di emissione dei singoli altoparlanti (nel senso della profondità ovviamente)
4) Fenomeni di diffrazione
Questi fattori sono tra loro interagenti per, cui ad esempio, il semplice allineamento dei centri di emissione di un sistema multivia inizialmente progettato per ottenere linearità di risposta in frequenza in asse con montaggio convenzionale, comporterà un inevitabile peggioramento della risposta in frequenza fermo restando il filtraggio. Per cui è sempre difficile stabilire se le differenze che si ascoltano possano dipendere dal parametro “fase” o magari da una più o meno marcata differenza sui livelli a certe frequenze o ancora da qualche riflessione/diffrazione sugli “scalini” che si vengono a creare a fronte del montaggio con centri di emissione allineati. Queste varianti “extra” sono quelle che hanno sempre complicato la verifica della udibilità “certa” della fase acustica.
Già negli anni 60 uno studio effettuato in merito all’udibilità della fase stabiliva che l’orecchio era molto più sensibile ad errori di fase a frequenza medioalta mentre era molto più tollerante ad errori di fase a bassa frequenza. In seguito altre ricerche hanno dimostrato che l’udibilità di questo parametro è in correlazione con i tempi di riverbero ambientale in gamma medioalta: minore è il riverbero maggiore è la sensibilità dell’orecchio a questo fattore.
In questa sede penso sia interessante affrontare l’argomento “fase acustica” partendo (in coesione con lo spirito del forum) dall’analisi di fatti concreti ovvero mettendo in correlazione, per quanto sia possibile, le misure di risposta in fase e in frequenza con le impressioni di ascolto.
Riporterò quindi alcune misure di fase pubblicate a suo tempo su riviste italiane, altre misure di risposta all’impulso tratte da un vecchio documento ed ancora altre misure di fase da me effettuate che saranno pubblicate sul blog a beneficio dei soli iscritti.
Non partiremo quindi dalle misure per determinare il “migliore” ma partiremo dalle impressioni che questi diffusori ci hanno lasciato all’ascolto per comprendere quanta influenza può avere la risposta in fase su tale aspetto.
Alla fine vi dirò le mie personali conclusioni che potranno essere anche diverse dalle vostre (comunque pienamente rispettabili) in base alle rispettive impressioni di ascolto.