Amplificazioni in corrente o in tensione ?
Inviato: ven 11 mag 2018, 19:02
La voglia di scrivere questo post mi è venuta dopo aver sentito una persona che ostentava, in un negozio, i vantaggi dell’amplificazione in corrente “perché con quel sistema si ha più corrente sulle casse” !
Dopo aver sentito una freddura di questo genere penso che non sia superfluo scrivere qualche riga in merito nella piena consapevolezza che comunque non verrà letta da coloro che ne avrebbero maggior bisogno (come la persona suddetta).
Un amplificatore, come dice il termine (Lapalisse docet), amplifica un segnale che viene a presentarsi al suo ingresso per adattarlo all’efficienza e all’impedenza di un generico “carico” che nel nostro caso è rappresentato da un sistema di altoparlanti. Tale impedenza è genericamente standardizzata in un range dai 4 agli 8 Ohm nominali.
In funzione della grandezza presa a riferimento in ingresso ed in uscita possiamo avere amplificazioni in tensione-tensione, corrente-tensione (transresistenza), tensione-corrente (transconduttanza), corrente-corrente.
Giusto per essere chiari fin da subito: il 99,9% degli amplificatori in commercio sono in tensione-tensione ovvero prendono a riferimento una tensione in ingresso e forniscono tale tensione all’uscita amplificata del coefficiente di amplificazione proprio e con un adeguato (al carico impiegato) dimensionamento per quanto riguarda l’erogazione in corrente.
Quando si parla di amplificazione in corrente si citano in genere ampli a transconduttanza ovvero con amplificazione in-out tensione-corrente.
Per cercare di rendere comprensibile la differenza tra amplificatore in tensione e amplificatore in corrente anche a chi ha cognizioni tecniche minime facciamo un esempio. Supponiamo di avere i nostri due amplificatori, uno in corrente e uno in tensione, che supporremo per semplicità ideali. In un caso quindi uno si comporterà come un generatore di corrente costante e l’altro come un generatore di tensione costante. In entrambi i casi il termine "costante" si intende associato al proprio coefficiente di amplificazione (tensione-corrente in un caso, tensione-tensione nell’altro) del nostro amplificatore che appunto se supposto ideale non deve cambiare, nonché al segnale di ingresso che supporremo di ampiezza costante in funzione della frequenza.
Un amplificatore che mantiene costante la sua erogazione in corrente al variare dell’ìimpedenza del carico collegato determinerà una variazione di tensione ai capi del carico medesimo (semplice applicazione della legge di Ohm) che sarà direttamente proporzionale al suo valore di impedenza. Ciò significa che un amplificatore in corrente ideale (che quindi ha impedenza di uscita infinita) determina una risposta in frequenza che copia esattamente l’andamento del modulo dell’impedenza di carico.
Per contro un amplificatore che mantiene costante il suo coefficiente di amplificazione in tensione mantiene costante il voltaggio ai capi del carico e varia l’erogazione di corrente al variare dell’impedenza di quest’ultimo. Ne deriva una risposta in frequenza totalmente piatta e totalmente indipendente dall’impedenza del carico. Ricordo che stiamo parlando di casi ideali sia nell’uno che nell’altro caso.
Non c’entra nulla quindi il dimensionamento sull’erogazione in corrente (da cui deriva l’interpretazione “da bar dello sport” di cui sopra) che è cosa totalmente indipendente dal sistema scelto.
Va da se che se non si vuole creare un “generatore di colorazioni” non sarà possibile utilizzare un amplificatore in corrente se non cercando di compensarne la risposta in frequenza con un equalizzazione ad hoc studiata per compensare la curva di impedenza dello specifico sistema di altoparlanti adottato.
Ma la domanda che sorge spontanea è: fino a che punto vale la pena complicarsi la vita? A che pro? Quali sono i vantaggi di tale sistema?
Fondamentalmente due e a condizione determinante che l’amplificatore “veda” direttamente l’altoparlante, quindi con l’utilizzo esclusivo su sistemi attivi dotati di crossover elettronico:
1) Il pilotaggio in corrente tende a compensare le distorsioni da non linearità di movimento dell’equipaggio mobile. Ciò si evidenza con un miglioramento del tasso di distorsione a fronte del pilotaggio di woofer nella zona superiore alla risonanza. Quasi irrisoria o addirittura controproducente è invece la differenza pilotando midrange o tweeter .
2) La compensazione delle cosiddette distorsioni termiche: a fronte di pilotaggio con potenze elevate la bobina mobile di un altoparlante varia, scaldandosi, la propria resistenza (in aumento) e quindi si riduce il rendimento dell’altoparlante. Ciò con il pilotaggio in corrente non capita essendo la corrente circolante la medesima.
Se quindi abbiamo condizioni di lavoro che comportano anche il pilotaggio con potenze elevate questi due fattori possono avere la loro influenza.
I contro?
1) Totale assenza di smorzamento dell’equipaggio mobile dell’altoparlante da parte dell’amplificatore: la membrana del woofer finito il transitorio di pilotaggio continua a muoversi in principal modo nella zona della sua risonanza. Nessun aiuto da parte dell’amplificazione arriva in tal senso, nessun “freno” viene applicato contrariamente a quanto avviene con un’amplificazione in tensione.
2) Obbligo di compensare la risposta in frequenza dello specifico altoparlante impiegato. Ciò è possibile con gli attuali processori digitali ma…occorre appunto convertire in digitale il segnale con perdite qualitative che vanno ben oltre (opinione dello scrivente) i possibili vantaggi in termine di distorsione con pilotaggio in corrente.
3) I vantaggi in termini di distorsione armonica nel pilotaggio principalmente dei woofer, sono presenti solo al di sopra della zona di risonanza e solo a fronte di utilizzo con sistemi attivi (l’amplificatore deve “vedere” direttamente l’altoparlante).
Non è difficile comprendere a fronte di quanto sopra, il motivo per cui il 99,9% degli amplificatori in commercio sia in tensione: è l’unico modo per evitare che il pilotaggio di un sistema di altoparlanti non diventi una generazione di colorazioni.
Ma siamo proprio certi che a fronte dell'attuale "educazione" all'ascolto non accada che ci vengano vendute come scelte di qualità di alto costo quelle che in realtà non sono altro che palesi ondulazioni della risposta in frequenza?
Continua…
Dopo aver sentito una freddura di questo genere penso che non sia superfluo scrivere qualche riga in merito nella piena consapevolezza che comunque non verrà letta da coloro che ne avrebbero maggior bisogno (come la persona suddetta).
Un amplificatore, come dice il termine (Lapalisse docet), amplifica un segnale che viene a presentarsi al suo ingresso per adattarlo all’efficienza e all’impedenza di un generico “carico” che nel nostro caso è rappresentato da un sistema di altoparlanti. Tale impedenza è genericamente standardizzata in un range dai 4 agli 8 Ohm nominali.
In funzione della grandezza presa a riferimento in ingresso ed in uscita possiamo avere amplificazioni in tensione-tensione, corrente-tensione (transresistenza), tensione-corrente (transconduttanza), corrente-corrente.
Giusto per essere chiari fin da subito: il 99,9% degli amplificatori in commercio sono in tensione-tensione ovvero prendono a riferimento una tensione in ingresso e forniscono tale tensione all’uscita amplificata del coefficiente di amplificazione proprio e con un adeguato (al carico impiegato) dimensionamento per quanto riguarda l’erogazione in corrente.
Quando si parla di amplificazione in corrente si citano in genere ampli a transconduttanza ovvero con amplificazione in-out tensione-corrente.
Per cercare di rendere comprensibile la differenza tra amplificatore in tensione e amplificatore in corrente anche a chi ha cognizioni tecniche minime facciamo un esempio. Supponiamo di avere i nostri due amplificatori, uno in corrente e uno in tensione, che supporremo per semplicità ideali. In un caso quindi uno si comporterà come un generatore di corrente costante e l’altro come un generatore di tensione costante. In entrambi i casi il termine "costante" si intende associato al proprio coefficiente di amplificazione (tensione-corrente in un caso, tensione-tensione nell’altro) del nostro amplificatore che appunto se supposto ideale non deve cambiare, nonché al segnale di ingresso che supporremo di ampiezza costante in funzione della frequenza.
Un amplificatore che mantiene costante la sua erogazione in corrente al variare dell’ìimpedenza del carico collegato determinerà una variazione di tensione ai capi del carico medesimo (semplice applicazione della legge di Ohm) che sarà direttamente proporzionale al suo valore di impedenza. Ciò significa che un amplificatore in corrente ideale (che quindi ha impedenza di uscita infinita) determina una risposta in frequenza che copia esattamente l’andamento del modulo dell’impedenza di carico.
Per contro un amplificatore che mantiene costante il suo coefficiente di amplificazione in tensione mantiene costante il voltaggio ai capi del carico e varia l’erogazione di corrente al variare dell’impedenza di quest’ultimo. Ne deriva una risposta in frequenza totalmente piatta e totalmente indipendente dall’impedenza del carico. Ricordo che stiamo parlando di casi ideali sia nell’uno che nell’altro caso.
Non c’entra nulla quindi il dimensionamento sull’erogazione in corrente (da cui deriva l’interpretazione “da bar dello sport” di cui sopra) che è cosa totalmente indipendente dal sistema scelto.
Va da se che se non si vuole creare un “generatore di colorazioni” non sarà possibile utilizzare un amplificatore in corrente se non cercando di compensarne la risposta in frequenza con un equalizzazione ad hoc studiata per compensare la curva di impedenza dello specifico sistema di altoparlanti adottato.
Ma la domanda che sorge spontanea è: fino a che punto vale la pena complicarsi la vita? A che pro? Quali sono i vantaggi di tale sistema?
Fondamentalmente due e a condizione determinante che l’amplificatore “veda” direttamente l’altoparlante, quindi con l’utilizzo esclusivo su sistemi attivi dotati di crossover elettronico:
1) Il pilotaggio in corrente tende a compensare le distorsioni da non linearità di movimento dell’equipaggio mobile. Ciò si evidenza con un miglioramento del tasso di distorsione a fronte del pilotaggio di woofer nella zona superiore alla risonanza. Quasi irrisoria o addirittura controproducente è invece la differenza pilotando midrange o tweeter .
2) La compensazione delle cosiddette distorsioni termiche: a fronte di pilotaggio con potenze elevate la bobina mobile di un altoparlante varia, scaldandosi, la propria resistenza (in aumento) e quindi si riduce il rendimento dell’altoparlante. Ciò con il pilotaggio in corrente non capita essendo la corrente circolante la medesima.
Se quindi abbiamo condizioni di lavoro che comportano anche il pilotaggio con potenze elevate questi due fattori possono avere la loro influenza.
I contro?
1) Totale assenza di smorzamento dell’equipaggio mobile dell’altoparlante da parte dell’amplificatore: la membrana del woofer finito il transitorio di pilotaggio continua a muoversi in principal modo nella zona della sua risonanza. Nessun aiuto da parte dell’amplificazione arriva in tal senso, nessun “freno” viene applicato contrariamente a quanto avviene con un’amplificazione in tensione.
2) Obbligo di compensare la risposta in frequenza dello specifico altoparlante impiegato. Ciò è possibile con gli attuali processori digitali ma…occorre appunto convertire in digitale il segnale con perdite qualitative che vanno ben oltre (opinione dello scrivente) i possibili vantaggi in termine di distorsione con pilotaggio in corrente.
3) I vantaggi in termini di distorsione armonica nel pilotaggio principalmente dei woofer, sono presenti solo al di sopra della zona di risonanza e solo a fronte di utilizzo con sistemi attivi (l’amplificatore deve “vedere” direttamente l’altoparlante).
Non è difficile comprendere a fronte di quanto sopra, il motivo per cui il 99,9% degli amplificatori in commercio sia in tensione: è l’unico modo per evitare che il pilotaggio di un sistema di altoparlanti non diventi una generazione di colorazioni.
Ma siamo proprio certi che a fronte dell'attuale "educazione" all'ascolto non accada che ci vengano vendute come scelte di qualità di alto costo quelle che in realtà non sono altro che palesi ondulazioni della risposta in frequenza?
Continua…